Ogni autunno proponiamo un programma culturale nutrito e articolato che viene offerto dalla Pro Lugo con il contributo degli Assessorati alla Cultura della Provincia di Vicenza e del Comune di Lugo di Vicenza. Tutti gli eventi si tengono presso il salone d’onore di Villa Godi Malinverni in via Palladio, 44 a Lugo di Vicenza.
Prenotazioni: tel. 0445861655 martedì - mercoledì - venerdì dalle 9.00 alle 13.00 giovedì dalle 14.00 alle 18.00 oppure scrivendo a [email protected]
(il giorno degli spettacoli sarà attivo il nr. 3349995448)
COME ARRIVARE VILLA GODI MALINVERNI - Via Palladio 44 - Lugo di Vicenza (VI) Uscita Autostrada A31 (Valdastico) THIENE-SCHIO seguire per Zugliano, Lugo di Vicenza Superstrada Marosticana: Breganze, Fara Vicentino-Lugo di Vicenza
LA ROSSA LUCE NEL POZZO
COMPAGNIE TEATRALI "LA ZONTA" E "TEATROINSIEME" E CENTRO "ARTEDANZA"
La Zonta, in collaborazione con la compagnia Teatroinsieme di Zugliano (VI) e il Centro ArteDanza di Lucy Briaschi, presentano annualmente, nel mese di novembre, un esclusivo allestimento ispirato alla vita scellerata di Marzio Godi e alla leggenda del pozzo delle lame. Testi di Cristina Lanaro e Gabriella Loss. Con la partecipazione dal vivo dei musicisti Alberto La Rocca e Giuseppe Dal Bianco. Giudicato dall'Assemblea Regionale delle Pro Loco Venete miglior evento di "Veneto Spettacoli di Mistero 2009" per la provincia di Vicenza.
A partire dalle ore 19.30 e fino all’inizio della rappresentazione, verrà inoltre offerta la possibilità di visite guidate all’annesso Museo dei Fossili “P. Malinverni”.
Nelle stanze affrescate della palladiana Villa Godi Malinverni, la rievocazione dell’atmosfera di luci ed ombre del XVII secolo, introduce gli ospiti, attraverso l’esibizione di danzatrici e di voci narranti con sottofondo musicale, ad un suggestivo spettacolo in costumi d’epoca nel salone principale della villa, costituito dalla lettura e dalla messa in scena di testi teatrali e di musica dal vivo.
La Leggenda del Crudele Conte Marzio
L’isolamento della dimora dei Conti Godi, attorniata da “broli” e dalle casupole di servitori e gastaldi, poteva nascondere benissimo le urla, le minacce e le vendette che riecheggiavano tra grandiosi giardini con alberi secolari e statue il cui sguardo, diretto verso la villa, sembra quasi non essere in grado ancora oggi, a distanza di secoli, di volgersi serenamente verso lo splendido paesaggio della vallata dell’Astico In questo clima di incerta serenità e pace, l’oscura figura del nobil Conte MARZIO GODI alimentava le chiacchiere ed i racconti nel paese, incredulo per ciò che si riportava avvenisse tra le mura dell’antica Villa in Lonedo…
Di bocca in bocca passava il racconto di come egli, volendo vendicarsi di due individui che l’avevano offeso,… li avesse fatti prendere dai suoi bravi per condurli in cantina e farli morire tra atroci sofferenze soffocati dal vino! O di come con percosse ed altre violenze avesse ridotto a mal partito una sua giovane cameriera..
Negli ultimi tempi, tuttavia, le umili casupole di Lugo erano scosse da notizie ancora più angoscianti:...ciò che si narrava a proposito della tragica scomparsa delle più belle donzelle del paese e di un misterioso pozzo presente all’interno della villa, fece sospettare infatti che il Conte Marzio Godi avesse intrapreso un viaggio di sola andata verso il regno della perdizione più profonda e della crudeltà più spietata….
Approfondimenti Storici
Tra le molte famiglie signorili che nel corso dei secoli scorsi governarono ed amministrarono il territorio della pedemontana vicentina, si distinse in particolar modo la celebre casata dei conti Godi (o De Godi), tra le più ragguardevoli in Vicenza.
Si trattava, stando alle descrizioni dei contemporanei e degli storici, di una discendenza molto stimata per la sua antichità, per la nobiltà del suo sangue, per la scienza nel giurecivile e per la gran ricchezza che possedeva, un’aristocrazia alla quale apparteneva una gran quantità di uomini illustri. Allo stesso modo, la famiglia Godi si insediava nella realtà del tempo vivendo in splendidi palazzi, così come in luminose ville magnificamente ornate, tra cui l’opera prima dell’allora giovane genio architettonico Andrea Palladio dislocata nel colle di Lonedo (1542). Eppure, come tutte le importanti casate del tempo, comprendeva pure alcune fosche figure la cui rievocazione, ancora oggi, lascia sconcertati per il male generato e per la pessima fama che li connota e ne mantiene viva la memoria. Accanto ad abili oratori, amanti delle arti ed esponenti delle belle lettere dal generosissimo e splendido animo, alcuni membri si distinsero specialmente per essere stati ripetutamente accusati di diversi omicidi, assassini ed altre orribili gesta, frutto di numerose rivalità tra distinte casate che spesso si contendevano il potere e che mal si sposavano l’una con l’altra. In particolare, per quel che riguarda la famiglia dei conti Godi, da tempo si narrano le vicende di un oscuro personaggio, tale Marzio Godi, nato nel 1655 e morto assassinato a Trento nel maggio del 1699. La fama di tiranno che l’accompagna ed il racconto di molte atrocità da lui commesse fanno sì che il suo nome, a distanza di secoli, desti ancora raccapriccio e terrore. Tra i molti esecrabili fatti (non tutti in realtà provati), si narra soprattutto di come “egli, volendo vendicarsi di due individui che l’avevano offeso,…li fè prendere dai suoi bravi e condottili in cantina li fè morire soffocati dal vino. e ancora: fatti prendere le migliori e più belle donzelle del paese le fè spogliare e danzare ignude, e dopo sfogata la sua infame libidine, le rimandò a casa”. Provata, invece, è la sentenza datata 13 ottobre 1696 con la quale fu condannato a sei mesi di prigione. L’animo perfido e malvagio di Marzio Godi non riuscì tuttavia ad essere temperato, se è vero che in carcere corruppe il custode e fuggì riparando in Sarmego, dove continuò la sua vita di disordine. Pare altresì che il nobiluomo, “…con percosse ed altre violenze ridusse a mal partito una sua giovane cameriera, la quale cacciata di casa rimase parecchi giorni senza cure ed assistenza anche dopo giunta in città, perché intimoriti dalla fiera natura dell’inquisito Conte Godi, non ardirono i chirurghi d’andarsene a medicarla”. Con proclama del 3 ottobre 1698 dei Rettori di Vicenza, il conte Marzio Godi e Francesco Della Vitta, custode delle carceri, furono chiamati a discolparsi dal processo indetto contro di loro. Nel frattempo, tuttavia, il conte Marzio si rifugiò a Trento, dove morì assassinato da un proprio figlio naturale. Una delle leggendarie, ripetute imprese attribuite a Marzio Godi appare legata alla supposta presenza di un pozzo all’interno del complesso di Villa Godi Malinverni (oggi non più presente, anche se da qualcuno individuato nella vera da pozzo retrostante la villa), utilizzato dal conte e dai suoi “bravi” per rinchiudere e torturare le fanciulle dopo aver approfittato di loro, i nemici o chiunque avesse l’ardire di opporsi alle sue ambizioni e volontà. Sembra inoltre che il fondo della buca fosse dotato di alcune lame affilate che squartavano i corpi dei prigionieri e, quando non li uccidevano, provocavano delle atroci ferite che portavano alla morte in breve tempo.
Muovendosi al pianterreno della villa, in ambienti prossimi all’originario cucinone cinquecentesco, si ha l’infelice impressione che in alcuni punti il terreno sottostante sia davvero vuoto e nasconda in realtà altri spazi occulti, scenari di inenarrabili torture e misfatti. Al piano nobile, tabelle monocrome con immagini di satiri che inseguono fanciulle nella loggia, telamoni, prigioni e nobili con paggi che illusoriamente sembrano avanzare nelle sale affrescate richiamamo atmosfere lugubri ed il clima, a quel tempo, di incerta serenità e pace. Il popolo li temeva, le altre casate a volte li assecondavano per evitare violenti scontri ed inevitabili tragici strascichi mentre, pian piano, attorno alle loro gesta maturava un’atmosfera di terrore e di funesta memoria che li avrebbe marchiati nei secoli. L’isolamento della dimora, al sommo del colle di Lonedo attorniata da “broli” e dalle casupole dei servitori e dei gastaldi, poteva nascondere benissimo nel silenzio le urla, le minacce e le vendette che si consumavano e che rieccheggiano tra grandiosi giardini con alberi secolari e statue il cui sguardo diretto verso la villa sembra quasi non essere ancora in grado, a distanza di secoli, di volgersi oggi serenamente verso lo splendido paesaggio della pedemontana vicentina. La tragica rievocazione di Marzio Godi fa eco alla malvagità di altri temibili esponenti della casata: se da una parte alcuni membri destarono ammirazione per i nobilissimi sentimenti, la loro magnanimità e bontà d’animo pur nel loro pomposo vivere in villa (“…gratamente e con molta carità ai molti poveri facevan elemosina...”), dall’altra molti altri si macchiarono spesso di crimini e delitti.
Il Conte Orazio Godi venne infatti bandito con sentenza del 23 luglio 1578 per aver ucciso (probabilmente per interessi fondiari) Fabio Piovene: i suoi beni furono confiscati e dati in feudo alla famiglia rivale (Villa Piovene-Porto-Godi, situata pochi metri al di sopra nel colle di Lonedo, di chiara ispirazione palladiana) e la sua casa a a Vicenza fu addirittura rasa al suolo (nel 1770 riedificata con un’iscrizione che evoca il “Micidiale Orazio Godi”)! La contesa del potere, primaria urgenza delle famiglie aristocratiche dell’epoca, non prevedeva alcuna moralità né si mitigava di fronte a chiari legami di sangue: anzi, l’ansiosa preoccupazione di venire traditi proprio da chi stava accanto offuscava la mente corrotta ed armava le mani. Tale Erminia Velo di Scipione (sposa di Gerolamo Godi Porto Pigafetta), donna di “…grande bellezza e pessima fama per i molti matrimoni contratti…”, pare inoltre abbia tolto la vita al suo uomo ed al suo secondo marito, Giulio Schio. Sembra che il figlio Orazio fosse per di più frutto di illegittimi amori. Anche alcune tenebrose figure femminili portano dunque con sé leggende e racconti e si prestano ancora oggi a dicerie per i loro malcostumi se non addirittura per presunti crimini perpetrati a mariti e figli. Una nobile casata che, a distanza di secoli, nasconde perciò molti antichi segreti in gran parte ancora celati.